Una collezione moderna che richiama le stampe, i materiali e i colori delle sfilate Donna e Uomo, con tweed colorati, motivi in jacquard La Greca e pellicce eco.
Gianni Versace ha definito il glamour della fine del XX secolo e inventato le top model. Tra storia e curiosità, ricordiamo lo stilista italiano
In breve, creatività pura che si fa leggenda. Proprio come accade nel mito classico. Gianni Versace scompare (troppo) prematuramente il 15 Luglio del 1997, lasciando un profondo vuoto. E ancora oggi, tra mistero e amaro in bocca, a più di venti anni dalla tragica morte inaspettata sulle scale della sua casa di Miami, al 1116 di Ocean Drive, si narra di un uomo che ha plasmato una nuovo immaginario collettivo, grazie alla sua potenza creativa e all’abilità sartoriale.
Fine interprete di quel gusto eccentrico e stravagante, proposto nei primi del ‘900 da Poiret, Gianni Versace (classe 1946) è tra i nomi protagonisti che fecero del “Made in Italy” una garanzia, riconosciuta a livello internazionale. Giorgio Armani stilista che destruttura la giacca e crea il greige, Valentino couturier italiano che conquista Parigi e sfila nella capitale francese e poi Gianni Versace che presenta al tempo stesso una formazione sartoriale, derivata da un periodo di apprendistato nella sartoria materna a Reggio Calabria, unita a un’esperienza stilistica formata prima di fondare la sua casa di moda. Più di una volta dichiarerà che “il vero artista è il sarto”.
Per capire la sua storia, dobbiamo prima comprendere il contesto: Milano, quale nuova capitale della moda, nonché punto d’incontro tra design/industria/stampa, città socially conscius. Ed è proprio qui che nasce il glamour dionisiaco, in bilico tra barocco, rock e pop: una creatività che esalta la sensualità e carnalità, nonché la totale assenza – in senso artistico – di ogni freno inibitore. Gianni Versace si dimostra spregiudicato nell’invenzione, nella combinazione di colori e di forme (è grazie a lui se oggi indossiamo pelle e seta e una spilla da balia può essere sexy), osando con con nuovi materiali, spesso ispirandosi dalla sua Madre Terra, nonché alle opere della Magna Grecia. Volute e capitelli spiccano nelle sue fantasie cariche di colori accesi, mentre la medusa diventa il logo, nonché segno di riconoscimento.
L’avventura inizia, come vi abbiamo anticipato, già in tenera età, al fianco della madre Franca che possedeva una delle più importanti sartorie italiane. Da lei impara i segreti del mestiere.
Gianni Versace si trasferisce a Milano nel 1972 per subentrare ad Albini come stilista da Callaghan: in breve tempo varca la porta di Genny e poi di Alma. Nel 1978 fonda con il fratello Santo e Claudio Luti la Maison: a colpi di stampati, drappeggi e maglie metalliche, con modelli carichi di sensualità, domina la passerella. “Quando le persone guarderanno a Versace”, dirà il designer, “dovranno sentirsi atterrite, pietrificate, proprio come quando si guarda negli occhi la Medusa”. Nasce così un’icona alla prima sfilata presso la Permanente di Milano.
Con la sua esaltazione del corpo, glamorous all’ennesima potenza, e il métissage caleidoscopico Gianni Versace segnerà profondamente gli anni ‘80 e poi ’90. Al suo fianco, ben presto, troveremo anche sua sorella Donatella Versace che, in breve tempo, diventa essa stessa ambasciatrice del mondo Versace, e traghetterà nel nuovo millennio l’azienda di famiglia.
I vestiti di oroton: dalla collezione del 1982 al look di Patty Pravo
L’epico tributo di Settembre 2017, che ha visto sfilare le top model – Naomi Campbell, Cindy Crawford, Claudia Schiffer, Carla Bruni ed Helena Christensen – in abito oro, è stato un amarcord. Dobbiamo infatti tornare alla sfilata del 1982, quando lo stilista di Reggio Calabria sceglie il tessuto tecnologico, l’oroton, per realizzare una serie di abiti. Si tratta di una particolare maglia metallica che, a differenza dell’armatura scelta dieci anni prima da Paco Rabanne, mostra una mano morbida e un peso notevolmente leggero per creare dei vestiti argento e oro.
Senza porsi alcun limite, spinto dalla sua visione, drappeggiò questo metallo creando una sensazionale collezione di vestiti oro. In breve tempo diventarono un segno distintivo del suo stile sensuale, riproposti con chiave artistica citando Klimt o realizzando indelebili immagini, come Parry Pravo al Festival di Sanremo 1984. Semplicemente Divina.
Nel 1989, la camicia stampa barocco con i colori dei videogame
Dopo le prime geometrie, Gianni Versace si tuffa nel mondo virtuale proponendo stampe psichedeliche inedite, cariche di vita e virtuosismi. Tutte proposte nei colori dei videogame. I disegni sono un melting pot di estetiche a contrasto: cinema, teatro, balletto, rock, pop, jazz, neo classico e neo barocco. Nelson Mandela le ama tanto che Naomi Campbell suggella il loro incontro con un modello firmato dalla casa di moda italiana, mentre Elton John e Elizabeth Taylor chiederanno una versione personalizzata con i rispettivi ritratti.
Oggi le sue camicie da uomo e donna vintage non solo sono diventate un oggetto del desiderio dei collezionisti ma una vera fonte d’ispirazione per le collezioni contemporanee, amatissime anche dalle nuove generazioni.
L’omaggio a Andy Warhol
Se Salvator Dalì intuì che l’arte aveva tutto il potenziale per contaminare altri settori, incluso lo show business, Gianni Versace applicò questa teoria. Oltre ai riferimenti all’arte Classica Greca e Barocca – strettamente legata alla sua Terra natia – nelle sue collezioni troviamo anche riferimenti più contemporanei. Durante il suo viaggio a New York scopre l’influenza della pop art in America e così decide di realizzare una collezione che rende omaggio a Andy Warhol.
Il 1991 porta in passerella abiti coloratissimi e carichi d’ironia: stampe che riproducono James Dean e Marilyn Monroe, fedele alla ripetizione seriale che, nell’arte pop, racconta l’economia del consumismo. Lo stilista italiano non solo fa riflettere sul rapporto tra moda e arte ma propone una nuova cultura visuale che celebra la società contemporanea. Non è più una comunicazione solo attraverso l’immagine ma anche attraverso l’abito.